Sulle donne giustizia bipolare

di Valeria Logrillo 

Pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno il 26/11/2015.

Nelle aule di tribunali c’è scritto che la legge è uguale per tutti

Sono quattro anni che frequento le aule dei palazzi di giustizia, mi piace fermarmi ad ascoltare gli altri processi prima che sia trattato il mio e così, giorno dopo giorno, mi sono fatta un’idea. Ciò che appare è che esistano due tipi di processo: quello per rapina, omicidio, droga, truffa e quello per violenza sessuale.

In quest’ultima categoria il diritto applicato è diverso. Le presunzioni giuridiche sono invertite. Il processo è violento, malato, distorto. 

Assistendo a questi processi mi sono domandata: È davvero questo il modo giusto per tutelare una vittima? Siamo certi che comprimendo le garanzie aiutiamo le parti più deboli?

Ho visto tante volte illustri magistrati in difficoltà perché la violenza sessuale era stata denunciata in fase di separazione e, una volta giunti a processo, imputato e persona offesa, riappacificati, nuovamente conviventi, giungono insieme in Tribunale e la persona offesa insiste per “togliere la querela” perché il marito “adesso è cambiato”.

I giudici sono costretti a spiegare che non si può rimettere la querela, né si può bloccare quel processo che, a dirla tutta, costa tantissimo denaro alla collettività.

Eppure gli imputati di violenza sessuale non saranno mai assolti, la comunità non li assolverà mai, sono condannati prima di iniziare, scontano il prezzo del pregiudizio.

Affideremmo mai nostro figlio a una persona che è stata imputata per violenza sessuale, pur se assolta con formula piena? 

È davvero giusto? Siamo consapevoli di quante false denunce vengono proposte?

Quanti usano la denuncia come strumento per coprire i propri gesti e la propria vergogna?

La difficoltà è di tutti, di chi dovrà giudicare, degli avvocati («ma come fa a difendere uno così?! L’assassino sì ma il violentatore proprio no, che schifo!») dei magistrati che devono sostenere l’accusa, della polizia giudiziaria che troppo spesso si limita ad ascoltare le persone offese senza svolgere ulteriore attività.

Se le indagini fossero approfondite, se venissero disposte intercettazioni, probabilmente si potrebbero distinguere già a monte le denunce meritevoli di instauarazione del processo e di massima celerità per tutelare quelle vittime che troppo spesso devono scontare l’ulteriore tragedia di non essere credute, perché anche loro inserite in un sistema malato, subendo così una seconda imperdonabile violenza.

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